Intervista a Rosalba Trabalzini, autrice del saggio “La rabbia. Analisi di cinque casi di violenza”.

Intervista a Rosalba Trabalzini, autrice del saggio “La rabbia. Analisi di cinque casi di violenza”.

Rosalba Trabalzini è nata a Roma nel 1950 e lavora in ambito psichiatrico fin dal 1969; ha iniziato come infermiera psichiatrica e poi si è specializzata come psicologo clinico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e psichiatra con abilità neurologiche. È inoltre consulente tecnico d'ufficio per il Tribunale penale ed è fondatrice della rivista “www.guidagenitori.it”.
 
 
«Ci presenta il suo saggio “La rabbia. Analisi di cinque casi di violenza”?»
Da oltre cinquanta anni mi occupo di scandagliare nella mente delle persone che a me si affidano alfine di ricomporre nella modalità più corretta possibile i pensieri disturbanti. Nella gran parte delle persone la tematica più ricorrente è lo stato emotivo della rabbia a creare disagio psichico. Questa tipicità è stata costante negli anni e in tutti i pazienti di ogni genere ed estrazione sociale. Approfondire quindi la genesi dello stato emotivo della rabbia è diventato motivo di ricerca, soprattutto dopo aver lavorato in una casa circondariale ed essermi occupata della psiche di detenuti la cui detenzione era dovuta all'aver commesso un omicidio. Necessariamente, per comprendere bene lo stato emotivo della rabbia, sono approdata all'inizio della vita. Agli albori dell'umanità, l'uomo doveva proteggere la sua prole dalle belve feroci e dalle guerre, ad infondere la forza per questa capacità è intervenuta la biochimica dotando l'uomo di una maggior concentrazione dell'ormone testosterone, questo ormone è di fatto il maggior artefice sviluppando una maggiore aggressività sia negli animali sia nell'uomo. Sebbene i livelli di testosterone siano più alti negli uomini che nelle donne, la relazione tra l'ormone e aggressività non è limitata ai soli maschi; è stata dimostrata una relazione positiva tra testosterone e aggressività anche nei comportamenti delle donne. L'uomo grazie l'ormone  testosterone, geneticamente ha forza muscolare, massa corporea e altezza, maggiormente sviluppate, influenzando a loro volta la maggiore capacità di aggredire con successo
 
 
«In sostanza, da cosa si origina l'aggressività?» 
Lo stato emotivo della rabbia, la sua diretta esternalizzazione della violenza, è uno dei bisogni fondamentali dell'uomo insieme ai bisogni fisiologici come cibo, acqua, sonno e riproduzione ed ai bisogni di sicurezza, amore, stima e auto-realizzazione. Noi, esseri umani, non veniamo al mondo con la mente vuota, abbiamo insito nel nostro DNA caratteristiche genetiche, queste però per esprimersi hanno bisogno di interagire con una serie di elementi definiti con il termine di epigenetica ovvero: tipo di alimentazione, quantità di esposizione ai raggi ultravioletti, temperatura ambientale, accudimento materno nei primissimi mesi di vita e non da ultimo l'educazione. L'insieme degli elementi genetici ed epigenetici danno l'avvio al sistema cognitivo la cui base risiede nella parte centrale del cervello e dall'insieme dei collegamenti, attraverso i neuromodulatori chimici con l'intero sistema cerebrale. Le idee sviluppate nell'infanzia sono particolarmente refrattarie al cambiamento una volta stabilizzate.
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«Dalla sua opera: “Dobbiamo cambiare il paradigma: piuttosto che sulla fase repressiva, bisognerebbe concentrarsi sull'azione preventiva di educazione”; la parola chiave del suo saggio è prevenzione, perché è soprattutto nei primi anni di vita che il sistema psico-neurologico assume le sue caratteristiche semipermanenti. Come possono, quindi, in primis il nucleo famigliare e poi la scuola, operare tale processo di prevenzione per evitare che i più piccoli stabiliscano un rapporto problematico con i loro istinti aggressivi? In che modo si può insegnare ai bambini a gestire positivamente lo stato d'animo della rabbia?»
La mente è facilmente modellabile, fin verso i 36 - 40 mesi di vita, in questo periodo raccogliamo e assimiliamo le informazioni senza sforzo, impariamo rapidamente a parlare con il giusto accento, allo stesso modo la nostra concezione del mondo si modifica velocemente affinandosi sulla base di ciò che viviamo e in cui siamo immersi. Jean Piaget lo studioso dello sviluppo cognitivo ha dimostrato che le convinzioni si formano e trasformano radicalmente durante i primi quindici anni della vita, dando così luogo al proprio personale modo di percepire le di rispondere alla realtà. Il lavoro di prevenzione è di fondamentali importanze, sia nei primi 36-40 mesi di vita, sia nel successivo periodo di stabilizzazione del carattere ovvero tra i 10 e 15 anni, quando i lobi prefrontali concludono il loro ulteriore sviluppo. In questa fase assume importanza prioritaria la socialità dei ragazzi all'esterno della famiglia. In questi giorni in alcune scuole primarie sono iniziati corsi di affettività e sessualità per insegnare le buone maniere nel rispetto tra uomo e donna. Purtroppo, non è questo il tipo di prevenzione da introdurre.  La prevenzione deve iniziare nel percorso della materna educando ad esternare l'aggressività attraverso il gioco, il disegno e lo sport. Dovrebbe inoltre essere attuato un piano di prevenzione della salute psichica, proprio come avviene per lo screening di alcune malattie nel rispetto della buona salute fisica. Dovrebbero essere previsti tre colloqui psico-diagnostici con il medico specialista della psiche, uno ogni due anni: a 12 - 14 e 16 anni al fine di intercettare un anomalo sviluppo dell'aggressività. Nell'eventualità dovesse essere ravvisata la necessità di un intervento riabilitativo della problematica aggressiva è bene attuarlo, piuttosto che intervenire, nelle fasi successive della crescita, in modo più o meno doloroso. Non possiamo dimenticare che l'aggressività è presente in forme del disturbo di personalità. L'Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene che nel mondo il 10% degli adolescenti soffre di questi disturbi e che la metà di tutti i disturbi inizia a dare i primi segnali all'età di 14 anni. Se non trattati i disturbi di personalità possono influenzare ed alle volte in modo irreversibile, il futuro dei ragazzi.
 
 
«Lei ha lavorato per un certo periodo in un istituto penitenziario, e quell'esperienza l'ha spinta ad occuparsi della violenza esercitata sulle donne. Da questo studio è nato il saggio “La rabbia. Analisi di cinque casi di violenza”: in esso rende conto delle sedute di psicoterapia effettuate con cinque detenuti, i quali si erano macchiati di violenza contro le donne, arrivando anche ad uccidere in tre dei cinque casi. Lei ha cercato di rintracciare i motivi per i quali siano arrivati a mettere in atto quelle efferate e ingiustificabili violenze: in breve, quali sono state le sue conclusioni in merito
Negli ambulatori di psichiatria degli istituti, più informazioni si hanno più si è in grado di emettere velocemente una diagnosi finalizzata alla personale messa in sicurezza di ogni singolo detenuto. Per questo iniziai a farmi raccontare le storie volevo capire, ma soprattutto, affinare le mie conoscenze a proposito della violenza sulle donne. Volevo approfondire il perché della violenza e soprattutto cos'è che innesca la miccia della trasformazione che rende uno dei tanti Abele in un crudele Caino. Nell'infanzia di ogni singola persona di cui ho scritto nel testo ho ritrovato un fattore comune: una educazione eccessivamente rigida fino a sconfinare in violenza aperta da parte del padre e/o un padre che ha abbandonato il figlio improvvisamente nella primissima infanzia. Una madre o chi si è occupato delle necessità affettive primarie, non in grado di fornirgli quella base sicura che tutti i bambini dovrebbero sperimentare, o come, nel caso di Angelo e Giacomo, primi figli e nipoti con una mamma inizialmente super presente e poi pronta a delegare totalmente l'accudimento del figlio a nonne e/o tate, dopo la nascita del secondo figlio, dando l'avvio ad una brusca  interruzione della base sicura, così necessaria per il benessere futuro.
 
 
 
«Dalla sua opera: “Non si può parlare solo ed esclusivamente di femminicidio, o fare prevenzione solo per il femminicidio e mettere in scena rappresentazioni finalizzate a prevenire il femminicidio significa derubricare qualsiasi altro omicidio. Provocare la morte a un altro essere vivente è un omicidio. È l'atto aggressivo finalizzato a togliere la vita a un essere vivente a dover essere prevenuto”. Di tutti i casi che ha trattato, ce n'è uno che le è rimasto particolarmente impresso? Può dirci, nei limiti della segretezza tra medico e paziente, cosa più l'ha colpita, e cosa ne ha tratto di costruttivo per il suo lavoro di ricerca?»
Vorrei raccontare di un caso non scritto nel testo, ma che sto seguendo da circa 20 mesi, così da aver maggior chiarezza su quanto detto fino ad ora e chiarire perché in caso di un omicidio la cui vittima è una donna, sempre di un omicidio si debba parlare e non di femminicidio. L'appuntamento per la prima visita era stato richiesto dalla madre, un ragazzo di 16 anni. Già dopo i primi incontri era abbastanza chiaro quale fosse la problematica: aveva un forte desiderio di uccidere alcune delle ragazze della sua classe, senza alcuna motivazione, solo per vedere la loro reazione nel vederle morire. Mi raccontava esattamente come avrebbe portato a compimento il fatto con delle scene a dir poco raccapriccianti.  Ovviamente il mio lavoro è stato quello di mostrargli a cosa sarebbe andato incontro se fosse arrivato a mettere in atto il suo piano. In uno degli incontri mi racconta di sentire imperioso il desiderio di uccidere e, sicuramente, qualcosa farà. Dopo due ore mi invia delle foto di un piccolo pet e tanto sangue. Ovviamente aveva ucciso il pet con parecchie coltellate. Oggi è un ragazzo totalmente diverso, è sereno, bravo a scuola ed ha iniziato una storia amorosa con una coetanea. Il ragazzo è in psicoterapia cognitivo comportamentale - CBT - ed assume dei farmaci specifici per tenere in controllo l'aggressività.  Non passa un giorno che non arriva un messaggio dai genitori in cui mi ringraziamo per aver restituito la vita al loro figlio!
 
«Vuole parlarci della rivista online da lei fondata www.guidagenitori.it? Di quali ambiti si occupa?»
Guidagenitori.it parla a tutti i genitori dal concepimento fino ai 18 anni dei figli, di fatto ci occupiamo della salute, leggi e attualità su tutto quanto gravita intorno alla famiglia, nonni e amici a quattro zampe compresi. Essendo una delle primissime testate giornalistiche on-line, compiremo 25 anni, il prossimo 13 aprile, di fatto abbiamo siamo stati degli apripista a tutte le altre realtà che sono apparse negli anni: RCS con quimamme e Mondadori con Nostrofiglio, ovviamente essendo loro ben forniti hanno iniziato a far la voce grossa ma noi ci siamo ben difesi nonostante tutto e tutti. Guidagenitori.it è registrata la registro della Stampa al n° 319/99 del Tribunale di Roma.  I nostri grandi temi sono:

 Nel tempo abbiamo prodotto contenuti un po' per tutti: Tiscali per la sezione Mamma e bambino; per Artsana Chicco abbiamo prodotto per ben 11 anni tutte le loro newsletter e il volume: la guida pediatrica annuale. Per Johnson & Johnson abbiamo prodotto tutte le loro newsletter per 6 anni.
 
 
 
«Ha già in mente di cosa tratterà il suo prossimo saggio? Può darci qualche anticipazione?»
Il prossimo saggio vedrà sul palcoscenico della conoscenza l'omosessualità illuminata a giorno. Sarà un percorso conoscitivo attraverso la spiritualità dall'inizio della vita ad oggi.
 
 
 
Contatti
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Link di vendita online
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